Abbiamo incontrato per voi John Kirwan ...non ha certo bisogno di presentazioni!!! Lo abbiamo incontrato in uno dei tanti gelidi Sabato pomeriggio di quest'inverno, allo stadio di Monigo (Treviso) insieme con moglie, figlia e l'amico del cuore (l'inossidabile Gianni Zanon).

A voi l'intervista....

 

Qual è stato il tuo primo approccio con il rugby ?

A 5 anni mio papà mi ha portato a giocare a rugby e adesso il rugby fa parte di me. E’ nel mio sangue.

 

Poi hai iniziato, sei diventato un giocatore di livello e alla fine sei arrivato in Italia. Come è successo ?

Sono stato anche un po’ fortunato. A 18 anni sono stato convocato nella selezione della mia Provincia. A 19 anni è arrivata la chiamata con gli All Blacks. Nell’86, a 20 anni, sono approdato in Italia alla Benetton, poi sono tornato nell’89 sempre a Treviso per vincere lo scudetto per poi rimanere altre tre stagioni.

 

Qui in Italia hai conosciuto tua moglie. Come è accaduto ?

Lei giocava a pallavolo e lavorava alla Fondazione Benetton (Ghirada). Ogni mattina, quando andavo in palestra, l’incontravo e devo dire che sono stato molto fortunato anche perché ha accettato l’invito per bere un caffè ….. poi la storia è andata avanti.

 

A Treviso come ti sei trovato ?

Per me è come una seconda casa. Io non ho mai nostalgia della Nuova Zelanda quando sono qui. Ho trovato dei buoni amici, ho una bella vita ; come a casa.

 

Ma quando hai terminato la carriera di giocatore pensavi di tornare in Nuova Zelanda o pensavi di mettere le radici a Treviso ?

No, io ho vissuto anche in Giappone gli ultimi tre anni di carriera. Noi neozelandesi non siamo come gli italiani. Ci piace viaggiare senza legarci troppo né a casa né al luogo dove viviamo in quel momento. In più io devo andare dove il contratto di lavoro lo prevede. Comunque sarebbe bello rimanere in Italia per un po’ di anni. Fino a che mia figlia compirà 13 anni (ora ne ha 8), dopo di che prima che metta le radici si vedrà. Comunque vedremo : io non sono uno che pensa troppo nel futuro. Adesso ho un contratto per due anni, poi vedremo.

 

La tua famiglia come vive il tuo rapporto con il rugby ?

Lo vivono bene. Mia moglie ha capito che la mia vita e il mio lavoro sono legati al rugby. E’ spesso con me e si diverte anche con me. Lei mi tutto lo spazio che mi occorre per svolgere al meglio il mio lavoro.

 

Perciò ti seguirebbero senza problemi in giro per il mondo ?

Senza problemi siamo stati in Giappone, ed è stato difficile per la famiglia per la diversità della cultura giapponese totalmente diversa da tutte le culture del resto del mondo. Non so se Fiorella vorrebbe tornare in Giappone, ma senz’altro in Nuova Zelanda si. Poi si vedrà ….. forse in Francia.

 

Di tutti i Paesi che hai visitato, qual è quello in assoluto che più ti ha colpito ?

La mentalità italiana è molto simile alla nostra, anche come tipo di umorismo. Il Giappone è un altro mondo, hanno una cultura difficile da comprendere all’inizio, molto strana, però è bello avere uno sport che ti permette di conoscere tutte queste culture. In più anche in Giappone si mangia molto bene.

 

Quali sono stati i pregi e i difetti che hai trovato negli italiani ?

Difetti…. Non sò se si possono definire difetti. Anche in Nuova Zelanda ci sono molti difetti. Però voi italiani siete diversi di cultura. Non è un difetto, anzi, è una cosa bella : a voi piace stare con la famiglia, sentite la mancanza della casa. Noi neozelandesi siamo al contrario : ci piace andare fuori casa, andare in tournèe. Non li definirei difetti. Io mi limito ad osservare, valutare, capire la persona che ho di fronte, per poter valutare la sua reazione di fronte a delle mie azioni. Non giudico, voglio capire. A tal proposito, tra i quattro libri che sto attualmente leggendo, c’è ne uno intitolato “Italiani” che parla della vostra mentalità. Per me è molto importante, anche perché pur avendo vissuto per lungo tempo qui in Italia, per il mio lavoro devo capire la mentalità latina. Se io devo motivare i giocatori per giocare ad un certo livello, devo anche capire come pensano. E questa è la cosa più difficile per un allenatore. Anche se siamo simili, le nostre culture sono differenti.

 

Hai un sogno nel cassetto che vorresti realizzare in futuro ?

Io vorrei allenare tutte le squadre con cui ho vinto un campionato. Tutto qui !

 

Di tutte le interviste che hai sostenuto con i mass media del mondo, c’è mai stata una domanda che avresti voluto che ti si rivolgesse ma che nessuno ti ha mai fatto ?

Le interviste sono state parte della mia vita dai 18 anni in poi. Ogni intervista l’ho affrontata in maniera tranquilla senza patemi d’animo. Se la gente mi rivolge delle domande io non penso ciò che voglio mi si domandi. Però le interviste sono sempre delle cose brevi, nessuno mi ha mai detto “Hey ! Andiamo a fare del surf insieme così ti conosco nella tua vita privata”. In due / tre minuti d’intervista la gente si fa un’opinione di te limitata. E’ bello anche un’intervista come questa dove si parla del privato, anche se rimane sempre difficile farsi un’opinione giusta sul personaggio in pochi minuti.

 

Grazie John ed in bocca al lupo per il tuo nuovo incarico nella nostra/tua Nazionale Italiana.

Ghighi's                 

 

 Scrivici..