Dopo una vita all’insegna del rugby, Marzio Innocenti lascia (ma sarà vero?) il mondo del rugby.

 

Il rugby secondo Innocenti. Giocatore, allenatore e dirigente. Poi, non soddisfatto, nuovamente giocatore. Livornese di nascita e padovano di adozione, il quarantaduenne Marzio Innocenti è un esempio di longevità rugbystica e di attaccamento ad una maglia, tuttanera ben s’intende.

Debutta in azzurro (sarà anche capitano) a Rovigo contro la Germania Ovest il 29 novembre nel 1981, collezionando 42 presenze. Chiude a Roma il 3 dicembre 1988 contro l’Australia.

Eclettica terza linea, ha vestito i colori amaranto (Livorno) prima di approdare nella Città del Santo.

Adesso, dopo 25 anni dedicati al rugby, il Petrarchino Marzio Innocenti si è concesso un meritato riposo in attesa dell’esplosione del figlio Lorenzo del quale si dice un gran bene come apertura.

Nella gara d’addio al Plebiscito, presente una grande pagina del rugby italiano. Campioni a iosa che non potevano opporsi all’invito dell’ex  capitano del Petrarca.

Volti conosciuti, qualche problema di peso e di fiato per qualcuno, immutata la voglia di misurarsi davanti ad un pubblico, non quello delle grandi occasioni, ma che applaude convinto. Non mancano scampoli di gioco. Bettarello intercetta e va in meta sin dal primo minuto (la classe non è acqua); alla fine segnerà due volte. Chi ha vinto?

  

 

Non lo scriveremo mai. Ha vinto lo sport. Hanno vinto i vari Bollesan, i Boccaletto, i fratelli Morelli dell’Aquila, Giorgio e Giancarlo. Ed ancora Gianni Zanon, Stefano Barba, Serafino Ghizzoni, Fabio e Fabrizio Gaetaniello. Mi scuserà chi non è stato citato. Tecnicamente una gara valida, «una bella partita - dirà uno dei protagonisti - specie per noi che dopo tanto tempo ci siamo ritrovati assieme».

Onorato sul campo l’impegno preso con Innocenti, tutti a festeggiare con fiumi di birra, come é tradizione del vero rugbysta, e balli sino a notte inoltrata.

E alla fine poi qualcuno avrebbe voluto ricominciare. A giocare?

 

 

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